Edoardo Pavia - Lariosub.com

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Edoardo Pavia

Iniziai sin da bambino negli anni 70, quando, con la famiglia, cominciai ad immergermi, in apnea, spinto dalle gesta e su incitazione dei grandi nomi della subacquea siciliana degli anni ’70: Santo Vinciguerra, Enzo Sole, Enzo Majorca. Giovanissimo, conseguo a Biella il mio primo brevetto CMAS 1 Stella.
Tra il 1991 ed il 1992, dopo aver completato il mio percorso di sommozzatore federale di 2° e 3° stella, intrapresi un viaggio intorno al mondo, che mi portò ad immergermi nei luoghi più remoti della terra: Australia,Tasmania, Nuova Zelanda, Fijii, Messico, Thailandia, Stati Uniti, Papa Nuova Guinea, Cocos Islands, Egitto, Sudan…, idealmente seguendo le orme di Jacques Cousteau.
E’ proprio in questo mio viaggio che, in un atollo sperduto nel Mar dei Coralli, che incontrai il mio primo rebrather: un circuito semichiuso di prima generazione per il mercato sportivo, il Draeger Atlantis.
Tornato in Italia, entrai subito a far parte del primo gruppo di subacquei “tecnici” della prima generazione: Matteo Diana, Fabio Pajoncini Ottaviani. Spinto dalla passione per il mare più profondo, decisi di avviarmi sulla strada della didattica tecnica, divenendo in breve tempo istruttore tecnico IANTD, ed oggi IANTD ITALIA.
Tra la fine del 1999 e l’inizio del 2000, iniziai la mia attività professionale, con la Sea Dweller Divers, a Roma, subito dopo essere entrato in contatto con il mio più grande “maestro” , Richard Stevenson, che mi addestrò ad utilizzare il mio primo rebreather elettronico a circuito chiuso, un Inspiration Classic, prodotto dall’azienda inglese Ambient Pressure Diving. Da quel momento, proprio l’Inghilterra diventerà la mia “patria” subacquea: sarà presso la scuola subacquea tecnica d’oltremanica  che, tra il 1999 ed il 2002, con la guida di Richard Stevenson e di Kevin Gurr (a quest’ultimo si deve la creazione del primo computer subacqueo multimiscela, il primo sensore di CO2 per rebreather e molte altre felici intuizioni nel mondo della subacquea silenziosa e profonda, tra le quali i prodotti della VR Technologies), conseguirò tutti i livelli di brevetto che mi consentiranno di emergere tra  i subacquei e gli istruttori tecnici del momento, attraversando tutti i settori di tale branca della subacquea sportiva e professionale.
Attraverso i suoi contatti internazionali, arricchisco il mio bagaglio professionale divenendo anche istruttore “cavern”, addestrandomi con i più grandi nomi della speleologia subacquea internazionale, presso le più impegnative risorgenze francesi, statunitensi, australiane ed i cenotes messicani.
Nel 2003, vengo chiamato, insieme ad un altro italiano, Antonello Paone, a far parte della spedizione internazionale che, per la prima volta, intende raggiungere il relitto del “Britannic” con l’impiego di ECCR, la nave ospedale genella del Titanic, affondata ad oltre 110 metri di profondità nel mare Egeo durante il primo conflitto mondiale il 12 novembre 1916. Fu Richard Stevenson, insieme a Carl Spencer, Kevin Gurr (VR Technologies) e Leigh Bishop (i primi esploratori del relitto del Britannic tra il 1997 ed il 1998, immersioni condotte tutte in circuito aperto, nonché tra i pochi comuni mortali ad essersi immersi a bordo di un sottomarino sul relitto del Titanic), ad indicare il mio nome  come componente della spedizione, alla quale prendevano parte i più importanti nomi della subacquea tecnica mondiale: da Gerald Ffolulkes-Jones a Chris Huntchinson, Kevin Pickering, Rick Waring, Teresa Telus ed altri, oltre, ovviamentea Carl Spencer (expedition leader) e Leigh Bishop. La spedizione aveva un compito ben preciso: realizzare, per conto del National Geographic, un documentario sulle vere cause che avevano portato il Britannic a raggiungere il fondale dell’isola greca di Kea in pochi minuti, sciogliendo il mistero che aleggiava sulle reali dinamiche del suo affondamento e sulla vera missione da essa svolta durante il conflitto bellico.
Ancora una volta, il Britannic, da quel lontano 1916, ospitatava dei passeggeri non paganti, nei suoi sontuosi saloni, scalinate, cabine, ponti e promenade, oltre che nei camminatoi dei fuochisti, che dovevano fornirle il combustibile per navigare. Questa spedizione a differenza delle precedenti, dotandosi degli ECCR, aveva preventivato tempi di fondo precedentemente impensabili in CA. Il Team, oltre ad una massiccia penetrazione in varie sezioni della nave, aveva anche il compito di posizionare alcuni esperimenti scientifici predisposti dalla NOAA  per studiare i fenomeni degenerativi dei materiali ferrosi in acqua marina. Sulla base delle immagini girate anche da me, History Channel, prima, e National Geographic, dopo, realizzarono due splendidi documentari sulle cause e le dinamiche accertate circa l’affondamento del Britannic.
Nel 2006, Historry Channel decide di produrre un nuovo documentario sulla tragica storia della sorella gemella del Titanic, incaricando Richie Kohler e John Chatterton, i protagonisti della fortunata serie televisa stanutinse “Deep Sea Detectives” di svelare i molti interrogativi, quelli che rimanevano ancora sospesi e quelli, inediti, creati dalle scoperte fatte nel corso della spedizione del 2003.  Anche il prestigioso istituo di ricerca scientifica marina statunitense Woods Hole Oceanographic Institute partecipa all’organizzazione della spedizione con i propri scienziati, particolarmente interessati ai profili scientifici dei sedimenti ferrosi del relitto, realizzando anche una speciale videocamera subacquea ad altissima definizone, del tutto innovativa e sperimentale, da utilizzare per le riprese sul relitto. In questa spedizione ero l’unico italiano chiamato a far parte del team di subacquei che avevano la missione di proseguire l’esplorazione nei compartimenti 5 e 6 dei locali caldaie, penetrando dal tunnel dei fuochisti, identificato nella spedizione del 2003. Obbiettivo, verifcare nei vari compartimenti l’avvenuta o meno, chiusura delle porte a tenuta stagna, tale penetrazione ha richiesto il superamnento di diversi ostacoli disclocato all’interno dei già angusti locali caldaie. Il raggiungimento delle porte a tenuta stagna che separano progressivamente i vari locali caldaie, documentandone l’eventuale apertura o chiusura, avrebbero contribuito a stabilire con assoluta certezza le ragioni dell’inesorabile destino e del perché nonostante la nave a seguito della tragedia del Titanic, fosse stata dotata di migliorie strutturali, affondò in meno di 1h, a differenza della lunga agonia del Titanic, circa 4h. Mi venne affidata tutta la gestione logistica dei materiali di immersione (bombole, calce sodata per i rebreather, cime, galleggianti, pedagni, occorrenti anche per la realizzazione della speciale stazione deco “flottante” (necessaroia per garantire la sicurezza del team di immersione durante le interminabili decopressioni, in alcuni casi anche di 6h, pesi, materiali di rapido consumo per le attrezzatute, etc.), in quanto già esperto conoscitore del relitto e del sito di immersione. La spedizione fu un vero successo: sia sotto il profilo delle scoperte effettuate in merito alle dinamiche dell’affondamento del Britannic, sia riguardo alle capacità dimostrate dal team di immersione che, in questa occasione, si spinse, non senza qualche rischio, ben in profondità nel ventre del transatlantico. Parte del team che, nel 2003 e nel 2006, aveva compiuto l’epica impresa di svelare i segreti custoditi nello scafo del Britannic, diventa anch’esso parte della storia. Sulla scia dell’entusiasmo derivato dagli esiti delle due spedizioni, che avevano tra l’altro avvalorato alcune ipotesi sulle differenze costruttive tra le due navi che avrebbero dovuto essere gemelle, il Titanic ed il Britannic, la società proprietaria del relitto del Titanic, la White Star, incarica il team inglese di recuperare dal relitto del Carpathia (la prima nave che, raccolto l’SOS, si lanciò a folle corsa sul mare per salvare i passeggeri a bordo del Titanic, raccogliendone a bordo i superstiti, e per questo definita “la nave degli eroi”), alcuni artefatti ed altri oggetti, allo scopo di arricchire la mostra espositiva itinerante del Titanic. Del gruppo “storico” (Richard Stevenson, Gerald Ffolulkes, Ric Waring, Carl Spencer, feci parte anche io, ormai entrato a far parte a pieno titolo dei “Sea Adventurers” che avevano dimostrato di avere le capacità operative ed organizzative per sfidare profondità e tempi di fondo, sino a quel tempo considerati proibitivi; al team vengono aggregati anche altri grandi nomi della subacquea tecnica mondiale, tra i quali invitai anche l’italiano Andrea Bolzoni.
Era il relitto, quello del Carpathia, del quale lo scrittore Clive Cussler aveva narrato nel suo fortunato libro “Adventures of a Sea Hunter”, dopo averlo rintracciato nel profondi fondali dell’Oceano Atlantico, 120 miglia ad ovest del famoso scoglio del Fastnet, giacente a ben 160 metri di profondità. Se il Britannic è universalmente noto come “l’Evesrest delle immersioni subacquee tecniche”, il Carpathia è noto come il “K2” dei subacquei tecnici: la profondità, l’acqua gelida, le correnti che spazzano impetuose oceano, l’impossibilità di rifugiarsi in un porto vicino, l’impossibilità di essere raggiunti da qualunque mezzo di soccorso, a causa della sua lontananza da qualunque base a terra (250 miglia marine), oltre alla mutevolezza improvvisa e violenta dell’Atlantico, sono le ragioni che elevano a picco le difficoltà di immersione su questo scafo sommerso, le cui geometrie vengono peraltro complicate dallo stato in cui una parte del relitto si trova poggiato sul fondo. Se le videoriperse del relitto si erano rivelate un disastro (tutte le telecamere che riuscirono a raggiungere i -130 metri di profondità implosero!) il bottino dei reperti fu una vera conquista, oggi tutti visionabili nel museo dedicato al Titanic.
E' Richie Kholer, conosciuto da me durante la spedizione sul Britannic del 2006, a volermi quale componenete della spedizizone sulla “Grand Dame of the Sea” (come era stata altrimenti definita l’italiana Andrea Doria) proprio io, allo scopo di perlustrare in profondità il relitto e trovare nuovi punti di accesso e di transito, in aree fino ad allora inesplorate. Egli infatti concentrandosi sulla prua identifica e perlustra per la prima volta nella storia delle immersioni sull’Andrea Doria, la cala dei fanali.
Nel 2008 venni contattato per la spedizione sul relitto della HMS Victoria: la nave classificata come nave corazzata da battaglia di 1° classe, aveva una stazza di circa 11,000 t a pieno carico. Il relitto, unico nel suo genere, giace sul fondo del Mediterraneo, difronte a Tripoli in Libano, letteralmente “conficcato” di prua sul fondale misto di fango e sabbia, giace in posizione verticale, con una massima profondità di 150m. ed una minima di circa 78m. Nonostante la lunghezza fosse di 110m, una parte del relitto (la prua) ha subito un effetto di “schiacciamento a lattina” che le consente di restare in precario equilibrio, in posizione verticale. L’affondamento causato dall’arroganza del Vice Ammiraglio George Tyron, in capo della British Mediterranean Fleet, che al termine di una lunga giornata, poco prima di prendere la fonda difronte alle coste del Libano, ordinò alla flotta una manovra in velocità, che la portò ad essere speronata dalla HMS Caperdown, in seguito agli ordini impartiti dallo stesso Vice Ammiraglio, contro il parere del comandante. Il rapidissimo affondamento porterà alla morte di 357 anime tra cui quelle dello stesso Vice Ammiraglio. Le immersioni sono state condotte esclusivamente con l’ausilio dei Rebreather, unico mezzo in grado di rendere fattibile una simile spedizione in un luogo in cui la logistica rappresenta uno degli ostacoli maggiori. Durante le numerose immersioni ho documentato lo stato di conservazione del relitto sia all’esterno che all’interno, grazie all’uso ti telecamere HDMI. Con il materiale prodotto è stato possibile effettuare un documentario per la televisione Belga. Oggi il sito è stato definitivamente chiuso ed interdetto alle immersioni. Il sito è, per le autorità Britanniche, un cimitero di guerra.
E' il National Geographic che, nel 2009, richiede a Carl Spencer di riunire il “Team Storico” del Britannic per una nuova missione nelle profondità del relitto del Britannic… raggiungere la “Turkish Bath”, cercando di penetrare i ponti piu bassi della nave, entrando dal salone centrale, e filmare e documentare la radio in sala Marconi. Un’impresa definita “epica” da Carl Spencer, il quale, oltre a me ed ai nomi ormai noti del team inglese, aggrega anche altri noti subacquei tecnici, tra i quali anche Jarrod Jablonski e Casey McKinley. La spedizione, interamente finanziata da National Geographic è, a dir poco, imponenete per spiegamento di mezzi, componenti, strumentazioni hi tech se non avveniristiche e per la stessa nave appoggio, la Commandant Fourcauld, a fronte della lungimiranza del progetto ideato dal network televisivo. Del team fanno parte anche medici del DAN, di cui due italiani, Danilo Cialoni e Massimo Pieri, oltre al fisiopatologo subacqueo americano Peter  Denoble. A dir pocvo impressionante il sistema utilizzato per le videoriperse, affidate allo staff della NOVA Productions e della Lone Wolf Documentary Group, con una starordinaria telecamera 3D.
Nel 2015 Richie Kholer, decide di riunire un gruppo ristretto di subacquei per riprendere il lavoro iniziato da Carl Spencer, e bruscamente interrotto dopo la sua morte sullo stesso relitto nel 2009. Evan Kovacks, Mike Barnette, Richie Kholer ed io, siamo gli uomini scelti per riprendere le immersioni sul HMHS Britannic. Questa volta il Team si aggrega all’equipaggio dell’ U-Boat Navigator, con Eugene e Dimitry Tomashov, padre e figlio, rispettivamente armatori ed entrambi piloti dei 2 Deep Rovers presenti a bordo. L’U-Boat Navigator, oltra ad essere una nave di 24m armata di dispositivi tecnologici per effettuare e supportare immersioni profonde, rappresenta la punta di diamante di una società di produzione cinematografica, con sede a Malta. L’ U-N, è armato con 2 Deep Rover, un Triton 3300/3 da 3 posti, ed un Triton 3300/1 MD mono posto. Questi veicoli possono immergersi ad una profondità massima di 1000m. con tempi d’immersione  di circa 12h. La nave è inoltre dotata di una campana da alto fondale, un rov remotato dalla superficie del tipo Perceo GTV, una camera iperbarica biposto a doppia porta, una sala medica, un centro di ricarica e miscelazione, una sala multimediale all’avanguardia, ma soprattutto un equipaggio di grande esperienza e cortesia. Grazie al loro invito sono state effettuate una serie di immersioni che hanno consentito di proseguire il lavoro iniziato nel lontano 2003.
A luglio 2016, anno del centario del suo affondamento, il Team si riunisce ancora una volta sull’isola di Kea per celebrare questo evento. L’U-Boat Navigator ancora una volta offre al Team il supporto per effettuare le immersioni. Il gruppo ritrova altri componenti che fecero parte delle spedizioni del 2003 e del 2009, Richard Stevenson, e Leigh Bishop, oltre a Mike Barnette, Evan Kovacks, Richie Khoeler ed io, compongono il Team 2016. Nel frattempo l’U-Boat Navigator prosegue il suo lavoro iniziato già nel 2014, di documentazione del relitto. Il Team ha effettuato una serie di immersioni per documentare lo stato di conservazione del relitto in diverse aree, alcune mai prese in considerazione prima. Il Team l’ultimo giorno effettua quella che è stata definitita, “The Million Dollar Dive” in cui 4 subacquei dotati di scooter subacquei compie un tour completo da prua a poppa e ritorno, filmando il percorso sia attraverso il materiale video in dotazione ai sub, e successivamente attraverso le telecamere installate sui dui 2 Deep Rover, che i formazione hanno “scortato” i sub per tutto il tempo di permanenza sul fondo. Le immagini girate sono in assoluto le più spettacolari mai girate sul relitto. Tutte le immersioni hanno goduto dell’ausilio della campana da alto fondale.
Subacqueo altofondalista, istruttore subacqueo di didattiche ricreative e tecniche (PADI, IANTD) videoperatore subacqueo, documentarista, distributore per l’Italia di prodotti subacquei hi-tech (rebreathers, DPV, mute stagne, illuminatori professionali di importanti aziende internazionali, tra le quali APDiving, VMS, Divesoft, Submerge Scooter, Otter, 4th Element, Weezle, Gralmarine, etc…), storiografo, velista.

info@seadweller.it
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